Con sentenza 14.05.2018 n.ro 11696 la prima sezione della Corte di Cassazione pronunciando sul ricorso di due uomini, di cui uno cittadino italiano, contro il diniego di trascrizione in Italia del matrimonio da loro contratto all’estero, ha chiarito la questione della trascrizione dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso, definendo il complesso quadro normativo delineatosi dopo l’approvazione della legge 76/2016 (legge Cirinnà, che prevede e regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso) e all’adozione dei conseguenti Decreti Legislativi di attuazione, volti ad adeguare la normativa vigente alla nuova disciplina, anche in tema di ordinamento dello stato civile e di diritto internazionale privato (L. 76/2016, art. 1 co. 28).
Dopo l’entrata in vigore della legge Cirinnà, in ciascun ufficio di stato civile oltre ai registri di cittadinanza, nascita, matrimonio e morte, va tenuto il registro delle unioni civili, nel quale possono essere trascritti, tra gli altri, gli atti di unioni civili avvenute all’estero, gli atti di matrimonio tra persone dello stesso sesso avvenuti all’estero.
(D.Lgs. 19.01.2017 n. 5 “Adeguamento delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile” – art. 2);
A seguito dell’introduzione degli artt. 32 bis e 32 quinquies L. 218/1995, che disciplinano la riforma del diritto internazionale privato, è espressamente previsto che in caso di matrimonio contratto all’estero da cittadini italiani dello stesso sesso, questo produca gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana. Parimenti in caso di unione civile, o altro istituto analogo, costituito all’estero tra cittadini italiani dello stesso sesso abitualmente residenti in Italia, la stessa produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana.
Ovvero, gli effetti dell’atto comunque celebrato produce gli effetti della legge italiana (unione civile) e il criterio di collegamento è individuato dalla cittadinanza italiana dei due partners.
Pertanto, i matrimoni celebrati all’estero tra cittadini stranieri dello stesso sesso vengono trascritti in Italia nel registro delle unioni civili con valore certificativo (con assoggettabilità alla normativa dei paesi di provenienza o residenza per la disciplina i rapporto matrimoniale ex artt. 29-31 L. 218/1995); i matrimoni tra cittadini italiani dello stesso sesso celebrati all’estero sono trascrivibili ma producono gli effetti delle unioni civili (e così ovviamente le unioni civili o altre forme analoghe quando si tratti di due cittadini italiani).
La sentenza interviene su questione ancora diversa, ovvero il matrimonio celebrato all’estero nel caso in cui uno dei due partners è cittadino italiano.
La citata sentenza della Cassazione ha chiarito il punto stabilendo che in tal caso il matrimonio non è trascrivibile, atteso il criterio di collegamento (cittadinanza italiana di uno dei partners) e la disciplina vigente nell’ordinamento italiano, che prevede l’unione civile e non il matrimonio tra persone dello stesso sesso (diversamente, motiva tra l’altro la Corte, si realizzerebbe disparità di trattamento rispetto al matrimonio all’estero di due cittadini italiani data la disciplina dell’art. 32 bis cit.).
La Corte ha ribadito la trascrizione anche per le situazioni, rientranti nelle norme, precedenti la data di entrata in vigore della legge Cirinnà.