Assegno di mantenimento del coniuge e imposte sui redditi

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Le norme fiscali vanno tenute presenti in sede di valutazione dell’ammontare dell’ assegno di mantenimento, anche per evitare di discutere su importi che nei fatti possono avere diverso peso se considerate le imposizioni fiscali e le detrazioni cui vanno soggetti.

  • Per chi lo corrisponde:
    art. 10, comma 1 – lett. c) T.U.I.R (Testo Unico delle Imposte sui Redditi): l’assegno periodico di mantenimento costituisce un “onere deducibile” e quindi l’importo nella misura effettivamente versata nel corso dell‘anno può essere portato in deduzione, ovvero sottratto dal totale di reddito imponibile su cui vengono calcolate l’imposta lorda ai fini IRPEF e le addizionali regionali e comunali.
    Deve trattarsi di assegno:
  • periodico;
  • da corrispondersi al coniuge;
  • conseguente a separazione – divorzio – annullamento del matrimonio;
  • il cui importo deve risultare da un provvedimento dell’autorità giudiziaria.
  • Per chi lo percepisce:
    art. 50 lett. i) T.U.I.R.: l’assegno periodico di mantenimento è un’entrata che viene ricompresa a fini fiscali tra gli “Altri redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente” e quindi va indicato nella dichiarazione dei redditi, e qualora il percettore ne abbia altri si sommano.

E’ però un reddito considerato soggetto a detrazione d’imposta secondo l’art. 13 T.U.I.R., e quindi, l’importo percepito forma il reddito imponile su cui viene calcolata l’imposta lorda IRPEF, ma poi, secondo percentuale da normativa fiscale vigente, viene imputato come onere detraibile dall’imposta lorda ai fini della determinazione dell’imposta netta.

In entrambi i casi gli importi sono solo quelli previsti in provvedimento giudiziale, quindi anche gli importi di indicizzazione Istat se questa è disposta in provvedimento, e riferite al coniuge.
Le somme corrisposte a titolo di assegno di mantenimento dei figli non costituiscono oneri deducibili né formano reddito assimilabile a quello da lavoro dipendente. Se il provvedimento non distingue gli importi, la somma si assume riferibile al coniuge nella misura del 50% del totale.

Sono considerati oneri deducibili per chi li versa, purché determinati nel provvedimento e provati documentalmente:
– le spese dell’immobile di abitazione dell’altro coniuge, canone di locazione e spese condominiali, (Circolare 17/E del 24.04.2015 Agenzia delle Entrate);
– le somme versate a rientro del mutuo intestato all’altro coniuge (Cassazione civile, sez. VI – 5, ordinanza 2.05.2015 n.ro 6794).
Tali esborsi costituiscono reddito per il percettore, con l’applicazione di quanto sopra citato.

Altra disciplina trova invece la cosiddetta una tantum, prevista dall’art. 5 L. 898/1970 (legge divorzio), ovvero la corresponsione di una somma in un’unica soluzione a tombale definizione dell’obbligo di concorso nel mantenimento del coniuge, che può essere attuata solo in accordo delle parti e viene valutata dal Giudice nella sua equità. In tal caso, chi corrisponde l’importo non lo detrae dal proprio reddito imponibile e per chi lo riceve non costituisce reddito tassabile (Corte costituzionale ordinanza 6.12.2001 n. 383; Cassazione civile, sez. V, 8.05.2015, n. 9336).