Una delle novità più rilevanti della legge Cirinnà in materia di convivenze di fatto è data dalla previsione della possibilità di regolare gli aspetti patrimoniali economici della loro vita in comune sottoscrivendo un contratto di convivenza (art. 1, comma 50 L. 76/16).
Chi può sottoscriverlo
Le persone legate da un vincolo affettivo di coppia che hanno effettuato la registrazione nell’apposito registro anagrafico delle convivenze di fatto.
In che forma
Il contratto, le sue modifiche e l’eventuale risoluzione vanno redatti in forma scritta a pena di nullità con atto pubblico o con scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico (art. 1, comma 51 L. n. 76/16).
Affinché il contratto produca i suoi effetti anche nei confronti dei terzi, il professionista che lo ha ricevuto dovrà trasmetterne copia entro i successivi 10 giorni al comune di residenza della coppia per l’iscrizione all’anagrafe delle coppie di fatto del contratto. Tale adempimento consente a chiunque di verificare l’esistenza o meno di una regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra coppie di fatto.
● Proprio da questa precisazione si riesce a desumere che il contratto di convivenza (come disciplinato dalla legge Cirinnà) può essere sottoscritto solo dalle coppie che hanno effettuato la registrazione anagrafica della convivenza.
Contenuto
Il contratto di convivenza è volto a disciplinare gli aspetti patrimoniali del rapporto e la legge si limita ad elencarne esemplificativamente alcuni:
– residenza;
– le modalità con le quali intendo contribuire alle necessità della vita comune, in relazione alle rispettive sostanze e capacità;
– regime patrimoniale della comunione dei beni (che può esser modificato in ogni momento).
Il contratto non può comunque essere sottoposto a condizione o a termine. Qualora le parti li avessero previsti si considererebbero come non apposti.
Cause di invalidità
Il contratto di convivenza si considera nullo, e quindi improduttivo di effetti sin dalla sua sottoscrizione, nei caso in cui:
– venga stipulato da due soggetti che non hanno i requisiti per qualificarsi come conviventi di fatto o risultino sposati o uniti civilmente;
– sussista un altro contratto di convivenza;
– venga stipulato da una persona minore d’età, interdetta giudizialmente o condannata per omicidio consumato o tentato;
– non vengano rispettati i requisiti di forma stabiliti dall’art. 1, comma 51 L. n. 76/16.
Cause di scioglimento
Il contratto di convivenza può risolversi:
– per accordo delle parti;
– per recesso unilaterale di un convivente. In tal caso, il professionista che riceve la dichiarazione di recesso (la quale deve comunque dev’essere contenuta in un atto pubblico o in una scrittura privata autenticata da notaio o avvocato) deve trasmetterne copia al comune di residenza dei conviventi ai fini della ‘cancellazione’ dello stesso dal registro anagrafico e notificarne copia all’altro convivente;
– per matrimonio o unione civile tra i conviventi o un convivente ed altra persona. Il contraente che si è sposato o unito civilmente dovrà notificare all’ex convivente e al professionista che ha ricevuto il contratto di convivenza l’estratto di matrimonio o di unione civile;
– per decesso di uno dei contraenti. Il convivente superstite o gli eredi dovranno notificare al professionista che ha ricevuto il contratto l’atto di morte affinché annoti la risoluzione dello stesso e lo notifichi all’anagrafe per i conseguenti adempimenti.